Alcune riflessioni sui tagli agli Atenei, sul precariato e sulle prospettive del settore dell’Alta formazione, della Ricerca e del welfare studentesco

Da Massimiliano Tabusi (a valle di una Assemblea di Ateneo, promossa con Orlando Paris e Andrea Simone, si riportano opinioni personali in qualità di componente della Rete29Aprile; non nelle funzioni d’Ateneo)

Le prospettive per gli Atenei, per l’alta formazione e la ricerca sono estremamente preoccupanti. Da un lato Governo e Parlamento vanno verso l’approvazione di norme che riducono le risorse al sistema pubblico, ad esempio tagliando – come fece il Governo Berlusconi 2008, con Ministro delle Finanze Tremonti – per il 2025 le sostituzioni dei docenti/personale amministrativo di una persona ogni 4 in uscita (taglio del 25% nel recupero delle risorse per cessazione dell’anno precedente; QUI, p. 69) e la dotazione del Fondo di Finanziamento (QUI; si veda la penultima colonna della seconda pagina che, per ogni Ateneo, indica i tagli in valore assoluto, che sono in realtà ancor più elevati se si tiene conto dell’inflazione e delle rivalutazioni stipendiali). Tale Fondo, denominato “Ordinario”, dovrebbe secondo ragionevolezza finanziare le attività “ordinarie” degli Atenei*. Qualche risorsa potrebbe arrivare agli ambiti di ricerca che vorranno indirizzarsi verso gli usi militari.
Dall’altro lato (DDL 1240/2014) si prospettano molte nuove figure precarie a ogni livello (oltre a quelle già esistenti!), con ancora minor tutela, cui si aggiungono docenti denominati “adjunct professor“, individuati “su proposta formulata dal rettore al consiglio di amministrazione” e il cui trattamento economico deriverà da un “accordo con il destinatario” (Art. 22 quater). Inoltre si spinge il sistema a conflitti interni tra lavoratrici e lavoratori: paradigmatica la previsione di “concedere” agli Atenei l’uso delle risorse originariamente destinate al reclutamento di nuovo personale per fare invece fronte ai dovuti – e per molto tempo bloccati – incrementi stipendiali. Per evitare che si configurassero come ulteriori tagli, queste risorse sarebbero dovute derivare da proporzionali incrementi – anziché tagli – dell’FFO.

Il tutto proprio mentre arrivano a scadenza centinaia di giovani ricercatrici e ricercatori, il cui reclutamento precario era stato consentito attraverso i fondi del PNRR (che finanziava esclusivamente posizioni precarie). Capacità e competenze costrette ad una precarietà ancora più grave, con le nuove forme che non a caso si introducono, o a una fuga verso l’estero.

Contemporaneamente si allentano i vincoli previsti per le università private telematiche (che da alcuni anni possono essere a scopo di lucro, e che gravitano attorno a grandi capitali finanziari): era previsto che queste dovessero convergere sugli stessi numeri minimi di docenti delle altre Università (Dm 1154/2021), ma appena prima che tale previsione di buon senso entri in vigore è già in procinto di essere disinnescata**, forse in modo non del tutto sganciato dalle potenti (e ricche!) lobby che hanno interesse a mantenere criteri più laschi e privilegiati.

D’altro canto quel che si prospetta per il futuro, pensando in termini di qualche anno, è – sembra di poter interpretare – una dismissione de facto del sistema pubblico così come lo conosciamo per orientare la gran massa di studentesse e studenti (a cui non sarà possibile dopo la conclusione del PNRR neppure mantenere l’attuale regime di welfare e diritto allo studio) verso, appunto, le università telematiche. Già oggi Multiversity, con circa 140.000 iscritte/i, secondo questa fonte è la più grande realtà universitaria italiana, superando anche La Sapienza di Roma, considerata in passato il più grande Ateneo d’Europa. Il futuro “diritto allo studio” sembra essere… solitario, dietro a uno schermo e molto lucroso per il business privato. Se si obietta che non di rado la qualità della formazione “commerciale” può lasciare a desiderare, ecco che spunta l’argomento “infatti occorre abolire il valore legale del titolo di studio!“: un tema strumentale e ampiamente fuorviante, come perfino un dossier del Senato riporta (QUI). Ma in futuro, soprattutto se la cosiddetta “Autonomia differenziata” si affermasse, potrebbe tornare utile per la Pubblica Amministrazione in alcune aree del Paese (com’è noto gli attori privati possono già autonomamente prediligere alcuni titoli rispetto ad altri), ad esempio per usare criteri “speciali” geograficamente selettivi.

Da molti anni non solo una porzione del Parlamento ma forze politiche di quasi tutti i colori prospettano la riduzione del sistema universitario pubblico italiano a pochissimi hub della ricerca (curiosamente la stessa denominazione adottata dal PNRR), ovvero cinque o sei grandi Atenei, per mettere su un binario morto gli altri (e rispettivi territori). In gergo anglosassone, che puntualmente si usa quando occorre ammantare di novità robusti colpi al sistema pubblico, si parla anche di teaching universities research universities. Ovvero da un lato molti “post-licei”, destinati a soccombere di fronte alla concorrenza lucrosa delle telematiche commerciali***, e dall’altro pochissimi Atenei con finanziamenti (forse) sufficienti per fare anche ricerca.

Chi dovesse avere già una posizione a tempo indeterminato e, di fronte a queste serie prospettive, tirasse un sospiro di sollievo pensando di “non essere sommersa/o” da tale marea montante, purtroppo s’ingannerebbe: al Governo è stata data una sorta di delega “in bianco” per mettere mano anche al sistema dell’alta formazione e della ricerca nel suo complesso, comprese lavoratrici e lavoratori attuali. Citando il dossier del Senato sul tema – grassetti aggiunti – il Governo si appresta a realizzare il:

a) riordino e razionalizzazione delle disposizioni in materia di assetto organizzativo e governance interna delle università;

b) riordino e razionalizzazione delle procedure di reclutamento dei professori e dei ricercatori, ivi comprese le procedure di abilitazione scientifica nazionale e di valutazione dei prodotti della ricerca, nonché di mobilità all’interno del sistema nazionale della ricerca; [N.d.R.: quest’ultimo elemento, per esempio, potrebbe tornare utile in caso di chiusura o accorpamento di Atenei]

c) riordino e razionalizzazione della normativa in materia di promozione dell’internazionalizzazione del corpo docente e degli studenti e in favore della attrattività del sistema universitario italiano, con particolare attenzione alle procedure di chiamata diretta dall’estero di studiosi stabilmente impegnati all’estero o presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati nel territorio italiano, in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario;

d) riordino e razionalizzazione della normativa in materia di stato giuridico ed economico del personale universitario, con particolare riferimento all’individuazione degli obblighi didattici e di ricerca, nonché alle condizioni e alle modalità di svolgimento di attività esterne all’istituzione di appartenenza, fatto salvo il rispetto degli obblighi istituzionali;

e) riordino delle disposizioni relative all’individuazione dei principi generali a tutela dell’autonomia didattica degli atenei, anche al fine di promuovere l’interdisciplinarità dei corsi di studio e la formazione di profili professionali innovativi;

f) riordino e razionalizzazione degli strumenti a sostegno del diritto allo studio universitario, delle borse di studio e delle soluzioni di alloggio in favore degli studenti, con particolare riferimento a coloro che scelgono di intraprendere gli studi universitari in un comune diverso da quello di residenza; 

Infine, qualcuna/o potrebbe immaginare che c’è sempre un organismo – per quanto solo consultivo – democraticamente rappresentativo di tutta l’Università, ovvero il CUN, che potrebbe tentare di far sentire la voce di chi ci lavora. Ma una recentissima legge (DL 28 ottobre 2024, n. 160, art. 5) prefigura “il congelamento” del Consiglio Universitario Nazionale alla data del 31 luglio 2025. Perché anche il CUN sarà “riformato”, pure per “contenere le spese di funzionamento”****.

Questi temi, trattati qui per punti in un post già troppo lungo, sono stati al centro di un’Assemblea delle precarie e dei precari tenutasi a Roma venerdì 25 ottobre 2024, cui hanno partecipato anche alcune/ docenti UniStraSi, e dello sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori del settore della conoscenza indetto dalla FLC-CGIL il 31 ottobre 2024.

Presso l’Università per Stranieri si è tenuta un’Assemblea, il cui volantino è riportato di seguito, che è stata ripresa anche dal quotidiano La Nazione (sempre a seguire) con un’intervista a Orlando Paris.

Ciascuna e ciascuno potrà farsi la propria idea, positiva o negativa del processo in corso. Per chi lavora nell’Università e nella Ricerca, studiando con un approccio scientifico il mondo in cui si è immersi, appare importante anche seguire con uguale attenzione le fonti che riguardano il proprio contesto di lavoro e le relative prospettive. Questa comunicazione, anche se naturalmente (non potrebbe essere diversamente) orientata da interpretazioni personali, muove dall’intento di raccogliere e condividere le fonti, affinché ciascuna e ciascuno possa darne una propria valutazione.

Scarica QUI il volantino dell’Assemblea

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* Il Fondo di Finanziamento Ordinario già da diversi anni non copre, in realtà, neppure le funzioni minime degli Atenei, dando, tramite una modalità denominata di “premialità”, risorse “quasi normali” ad alcuni Atenei togliendole ad altri, con il pretesto dell’ “eccellenza”

** il provvedimento normativo, pur pervenuto a tutte le testate giornalistiche e ora al CUN per un parere, non è “pubblico”, dunque non può essere qui condiviso.

*** Si consenta un parallelo con un contesto del tutto diverso: cosa ci attenderebbe sulle strade se a scuole guida dichiaratamente a scopo di lucro si desse la possibilità di rilasciare, a pagamento, direttamente le patenti? Quanto reggerebbero, in regime di concorrenza, delle scuole guida pubbliche che dovessero darsi come criteri per il rilascio della patente la serietà, l’applicazione, la verifica rigorosa delle competenze acquisite?

**** Nelle more del percorso di “congelamento del CUN, la Ministra dell’Università ha individuato una Commissione nominata, per “attività di supporto al Ministro per analisi, studio ed elaborazione di proposte di revisione in materia di reclutamento e di qualità dell’offerta formativa, dell’assetto e della governance della valutazione dell’università e della ricerca, nonché di revisione della struttura e del funzionamento degli organi consultivi del Ministero dell’università e della ricerca“. Attività per le quali il supporto del CUN, organismo democraticamente rappresentativo del sistema, sarebbe stato del tutto appropriato.

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